Un paese sfiorato numerose volte in passato. Calcata, Faleria, le Cascate del Monte Gelato… Ma Mazzano mai. Forse perché passi dentro quel crocevia che poco mostra e poco attira e allora corri via senza pensare. Poi accade che ci finisce ad abitare tuo cugino e allora scopri che Mazzano ha un borgo medievale arroccato sul solito cocuzzolo tufaceo, incastrato giù nella forra del Treja. Organizzi allora la spedizione “reflex al collo” e vai mirato a capofitto per il discesone che ti porta alla piazzetta del borgo.

In mezzo ai sampietrini e a qualche ringhiera sgangherata ci annusi la solita sorniona anarchia di voci, personaggi e cose. Bello però: scopri vicoli con l’odore di umido, trovi un’osteria talmente nascosta e variopinta che ti viene la voglia di imbarcarti una sera delle prossime. Scopri i resti di una chiesa demolita negli anni ’40, per evitarne il fatale crollo; le sue pareti diventano sala e terrazza allo stesso tempo. Scopri portoni colorati e portali borghesi. Il tutto racchiuso in un fazzoletto di spazio, condensato quasi a far collassare lo spazio; quasi a volerle tenere insieme con la vicinanza quelle case e quelle mura. Intorno, il consueto e surreale silenzio ipertrofico, sgonfiato a tratti dalle gracidanti TV, o da qualche voce di bimbo. In mezz’ora di peregrinare incontriamo una persona, ma abbiamo quella curiosa sensazione che il borgo stia giocando a nascondino, e immaginiamo che in un momento diverso e tardo della giornata le persone escano tutte tra i vicoli e le strade si riempiano di festa e di colori, quasi in un carnevale segreto. Andiamo via calmi, sotto lo sguardo di sguincio dei vecchietti del bar centrale, impegnati nel consueto “Torneo del Secolo” di tressette. Bye Mazzano…
(Per il tiro incrociato: MediaForme)

Fotografia, Lazio, Mazzano Romano
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