E alla fine ce l’ho fatta a visitare il Giardino dei Tarocchi.
Questo luogo esoterico affonda le sue radici storiche negli anni ’50 del secolo scorso e nasce su ispirazione di Niki de Saint Phalle, a seguito della scoperta delle opere di Antoni Gaudí, in particolare il Parc Güell a Barcellona.
La storia completa del Giardino è veramente lunga ed una esaustiva esposizione la si trova nel sito ufficiale:
La fortuna questa volta mi ha arriso: splendida luce serale di un brillante e fresco pomeriggio di fine luglio, regalatomi da una discesa di aria fredda continentale su tutto il mediterraneo. Colori vibranti, contrasti al limite e… VELVIA, what else… La pellicola del mio passato fotografico, che mi ha accompagnato in tutti i viaggi, soprattutto quello in Nuova Zelanda del 2000.
Entrando nel “terreno di gara” ho pensato: che bello sarebbe visitarlo senza alcun turista aggiuntivo. Poi mi sono ricreduto: fotografare le interazioni delle persone con le sculture, immerse nella natura, è molto stimolante e credo sia la base teorica su cui l’autore ha costruito le opere, di grandezza immensa e avvolgente, sinuose e suadenti, colorate e riflettenti, al limite della gravità.
Per un fotografo si tratta di impazzire: ogni metro regala angoli e inquadrature inusitate, le forme si incastrano in prospettiva una dentro l’altra, in un gioco sapiente e frivolo al contempo. Ci si deve giocoforza limitare sul pulsante di scatto, altrimenti si torna a casa con un migliaio di inquadrature.





































































