I segreti della Tuscia

L’articolo avrebbe dovuto intitolarsi: “Per un pugno di ISO”; vi si narrano vieppiù vicende epiche, da epopea fotografica al dagherrotipo.
Ciononpertanto, il titolo è mutato per lubrica ratione: non era comprensibile ai più, per via di quel ISO, acronimo bastardo, oltre a fuorviare l’esimio motore di ricerca, in riguardo al mancante “Tuscia”, loco nel quale si è svolta la suddetta epopea.
La coincidenza astrale è rimarchevole: io, Danilo e Vincenzo siamo contemporaneamente liberi da impegni. E’ bastato un sussurro, flebile voce aspersa nell’aere, che i tre eran già in viaggio, menanti seco corpi macchina dalle dimensioni e fattezze più disparate.

Io e Danilo con D700 al seguito ed annesse ottiche dal sovrumano peso; Vincenzo, sbeffeggiante, con leggerissima e minuscola Nikon V1 nuova di zecca, sfoggiata con disinvoltura appesa al collo in segno di sfida. Durante il viaggio è bandita alcuna conversazione che non includa nello svolgimento parole come: sensore, diaframma, filtro, CaptureNX, annessi e connessi sinonimi e contrari.
L’arrivo alle porte di Tarquinia, zona “Strada degli Archi”, ricorda tanto l’atmosfera dello sbarco in Normandia, con movenze da paracadutisti incursori: freno a mano, motore ancora acceso, apertura porta a sbrago ed uscita in catapulta con corpo macchina già acceso al collo, puntamento e scatto. Va avanti così per un paio d’ore, raminghi nei campi arati, abbandonati ciascun ad una serrata introspezione compositiva.
L’unica cosa che riesce a riunirci e ricucire un dialogo oramai perso è un piatto di fettuccine all’Osteria dei Bugiardi, davanti ad un televisore del ’71 narrante, in fosche immagini, il mito di Giasone e del Vello d’Oro in chiave tragicamente americana. Abbattuti psicologicamente dalle inquadrature e dai figuranti della eroica fiction, veniamo rinfrancati dal conto, recante commovente cifra di trenta euri diviso tre… Non si vedeva da remote ere.
Nel pomeriggio luce radente, campi arati a perdifiato, trattori e casolari sfondati ed un sole che termina l’arco in un naufragio di sfumature da deserto afgano. Roba da crampi al dito. Percorriamo, a tratti e balzelli, la strada sterrata che mena a Frittole, senza però raggiungere il loco e cambiare epoca. Eseguiamo la manovra di ritorno. Ci è andata bene.

Buon anno
g

acquedotto, Fotografia, tuscia
Articolo precedente
Spirito di un autunno passato
Articolo successivo
Crepuscolo

Post correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.