Barbarano: polvere e ferro, pietre e sorrisi

Gli strati nuvolosi, residuo di venti africani che indugiano nel mediterraneo, in questo pigro inizio autunno, non ci impediscono di partire, di volgere la prua della nostra auto verso nord-nord ovest. Siamo alla ricerca delle orme degli etruschi, dell’umidità del tufo, dei binari dimenticati di una antica e dismessa ferrovia, che collega Capranica a Civitavecchia. Io, con le mie mappe tecnologiche archiviate nel portatile e la carta topografica spiegata come un aquilone al posto del navigatore; Vincenzo alla guida, che adesso ci domina fotograficamente con la sua Nikon D700 nuova fiammante; sul sedile posteriore Danilo e Sara, a chiudere il quadrilatero di discussioni, consigli, possibilità. Addosso la sensazione che la giornata porterà vento nuovo e più emozioni di quelle che aspettiamo.
E ciò che aspettiamo nell’immediato, subito prima di immergerci nella nostra ricerca, è un tavolo, delle posate, una zuppa ed un buon bicchiere di vino; il naso ed il fato ci conducono da Maurizio e nella sua osteria “La Pacchiona”, nel cuore della pietra di Barbarano, pochi chilometri ad ovest della obliqua linea della Cassia. E’ tardi, la cucina sfiora l’orario di chiusura, ma siamo dentro, tra profumi di legna e di camino, ed un calore familiare sovrabbondante. Le mura sono una pagina di un libro di storia, arredate con immagini in bianco-nero e noi siamo “viandanti”, come dice Maurizio, felici di esserlo; ed intorno ci sono sorrisi, dialogo aperto, rimandi al passato e ad una sorprendente italianità, fatta di mestieri, cultura, ricordi e accoglienza. Sono momenti lieti, di anteprima al pomeriggio, tra ribollita, broccoletti ripassati, tozzetti e vin santo. Sarà quest’ultimo, o il senso del tempo che qui tra i vicoli del paese ha perso ogni significato, che ci porta ad un livello diverso, ad un rapporto più intimo con la gente, le pietre, gli usci. Quante immagini, sembra di non aver occhi sufficienti a guardarle tutte e a fotografarle. Assaggiamo del mosto, offertoci tra i vicoli del paese, accanto al torchio e alla deraspatrice ancora piena di acini; respiriamo la profumata umidità che risale dal fosso dell’alveo del Biedano e ci perdiamo fra i vicoli e gli anfratti scavati nel tufo violaceo. Poi, come sommozzatori dopo una prolungata immersione, emergiamo in cerca di boccate piene di ossigeno e proseguiamo il viaggio longitudinale, verso scorci dal passato insondabile, verso l’oscuro isolamento di alcuni agglomerati di case con le mura merlate, a difesa antica. Il bosco, le forre, il tufo e gli alberi di fico si fondono in una inusuale continuità di forme e colori, di distanze ed altitudini. E la ferrovia, tanto cercata, quella è oramai persa, o almeno così ci sembra; sino all’errore, alla strada percorsa per sbaglio e che invero ci fa ritrovare la decadente stazione di Barbarano Romano-Veiano. Appare, come un fiore appassito ed un miraggio, fra moreti e canneti e trasuda malinconia, odore di carbone e grasso di locomotore. Ci chiama, ci porta all’interno, fra le sue colonne decadenti e gli spazi abbandonati ed avvolti nell’ombra, mentre all’esterno le tracce del percorso, prive dei binari da lungo tempo, si perdono sulla linea dell’orizzonte, costeggiate dagli scheletri ferrei della carbonaia abbandonata.
Il sole compie il percorso, cade sull’orizzonte lanciando riflessi giallo-ocra sulle case e sulle colline e noi rientriamo, seguendo il morbido nastro curvilineo d’asfalto. Nelle nostre menti, come un caotico elettrocardiogramma, si accavallano le immagini e le emozioni di oggi; ed è subito voglia di tornare, voglia di fuggire, tra le folate di questa salubre aria libera.

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2 Commenti. Nuovo commento

  • Eh sì, parole sante! Abbiamo scoperto o confermato che basta lasciare quella brutta prigione che si chiama G.R.A. per trovarsi in un lampo dentro mondi che sono molto migliori di Roma e queste immagini riassumono bene il sapore di…sapori smarriti nella grande città. sintesi di tempi e ritmi e filosofie di vita che noi cittadini credevamo scomparsi. meglio così! la cosa un pò mi rincuora e mi piace sapere che c’è chi sa cogliere la preziosità di valori inestimabili. alla prossima!

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  • stupende foto!

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